Da qualche anno, ogni dicembre, Leonardo mi fa domande sempre più insistenti su Babbo Natale.
Non gli basta sapere che è un signore anziano e gentile con la barba, che abita al Polo Nord e lavora solo un mese all’anno, facendosi un mazzo tanto perché leggere miliardi di letterine e consegnare tutto con tempistiche che Amazon levati, non è facile.
Fino l’anno scorso le domande riguardavano il mistero dei misteri: “Mamma, come fa a fare il giro del mondo in così poco tempo e consegnando i regali a tutti i bimbi?”. e altri quesiti collegati: A che ora arriva? Avrà freddo? E se deve fare pipì mentre è in casa nostra?
Risolto tutto con una sorta di supercazzola che evidentemente a sei anni ancora si bevono: “È superveloce, poi lui mentre è in alto si stacca dalla slitta che rimane in alto, in orbita, tipo Collins con l’Apollo 11, va giù dai caminetti, e ci passa anche se ha un sederone enorme perché lui tanto è uno spirito, sistema i pacchi in modo armonioso che neanche IKEA nei migliori dei cataloghi, si mangia tutti i biscotti e poi torna su, dalle renne”.
E andavamo lisci.
Quest’anno la questione si è complicata. Leo vuole vederci chiaro. Inizia a fare domande su domande (da chi avrà preso?).
“Mamma, chi sono quei babbo natale che incontriamo nelle varie feste? Perché sono tutti diversi, non può essere LUI”
“Sono rappresentanti, sai anche lui deve fare un po’ di marketing, vanno in giro vestiti come lui per ricordare ai bimbi di essere buoni e mandare le letterine”
Ok, andata.
Andata così bene che la prima volta che abbiamo visto uno di questi rappresentanti in una festa di paese, Leonardo gli ha detto “Ma sai che gli somigli proprio tanto a Babbo natale? Sembri lui”, davanti ad altri venti bambini che non sapevano dove guardare. Io in quel momento mi sono rifugiata in un’altra dimensione.
E altre domande sono seguite
“Mamma, ma Babbo Natale come fa a sapere se siamo tutti bravi?”
“Ha una potentissima sfera di cristallo gigante che consulta tutto l’anno. LUI TI VEDE, SEMPRE”.
Non ha commentato, anche se era visibilmente scioccato. E infatti, poi, ha aggiunto: “Anche quando vado in bagno?”. “Anche, sì”.
Non siamo più tornati sul tema.
Poi mi ha chiesto se Babbo Natale fa la cacca, beve e mangia. Gli ho detto di sì, ma lui rimarcava che se è uno spirito, ste robe umane non servono. Giusto. “Beh allora diciamo che ama talmente tanto gli umani da volerli emulare…in tutto. E poi la cioccolata calda ha un profumo irresistibile pure per gli spiriti”.
Andata anche questa.
Poi c’è stata la domanda delle domande: “Come fa a costruire tutti i giochi esattamente come glieli chiediamo noi?”
“Perché ci sono i folletti che sono efficientissimi e bravissimi”.
E fin qui pare che sia filato tutto liscio. Fino a che Amazon non mi ha gentilmente comunicato che due dei tre regali che Leo aveva chiesto nella letterina, arriveranno il 28 dicembre..
Dovevo prepararlo all’evento, ma cosa dirgli senza far saltare tutto e soprattutto, salvando la reputazione, la festa e la gioia?
Sul piano pragmatico, gli ho comprato due altre cosine, che certo non sono uguali a quello che ha chiesto e non hanno lo stesso valore per lui.
Sul piano emozionale-fantastico, ho avuto serie difficoltà. E me ne sono uscita con sta roba da brividi, da denuncia proprio.
“Leo, ho dimenticato di dirti una cosa a proposito dei folletti: può essere che non sempre riescano a costruire tutto in tempo, quindi magari i regali non arrivano sempre il 25, magari un pochinino dopo”.
In camera sua la temperatura è scesa di dieci gradi: “In che senso, MAMMA? Mi hai detto che sono efficientissimi!”.
E io che faccio la giornalista a ste cose dovrei farci attenzione. Non potevo rifugirami in un’altra dimensione, non potevo dar fuoco ad Amazon, non sarebbe servito a nulla. Dovevo dargli una risposta.
Anche perché domani lo vedrà da sé che quei regali non ci sono.
“Guarda, con le migliaia di folletti che lavorano per lui, qualcuno meno efficiente si trova sempre. Anche gli spiriti possono sbagliare. Se dovesse succedere, sono sicura che Babbo saprà rimediare!”.
Non ha più risposto, non mi ha chiesto nulla. È una spiegazione di buon senso, certo, ma il Natale non si tocca, il Natale è magico, non ammette sbavature. Si attendono i regali che si crede di aver meritato,doni che attestano che ci siamo comportati bene.
E nel suo secondo anno di elementari, Leo si è comportato alla grande. Sta crescendo in mezzo alla pandemia, non può godere del sorriso di compagni e maestre perché le mascherine scandiscono ogni sua giornata, sente parlare di virus in continuazione, le feste di compleanno di amici sono un lontano ricordo e fare la DAD a sette anni non lo consiglio davvero a nessuno. Ma sta reggendo la botta, e a scuola se la cava. Il fratellino lo emula in tutto, e visto che Leo è portatore sano di gioia, non posso che essere felice.
Tornando alle domande sul Natale, è bello sapere che i bimbi si interrogano, che non si limitano a scrivere la letterina e ad aspettare, ma scrutano il cielo ogni sera per immaginarsi cosa stia facendo Babbo Natale in quel preciso momento. Come passa le sue giornate. Leo mi ha chiesto se Babbo è felice. Se ha degli amici. Gli ho detto che è uno spirito che vive per la felicità degli altri. E’ felice se noi siamo felici.
Io nello spirito del Natale non ho mai smesso di crederci. È la festa più bella per me. E ancora a 40 anni, nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, sono capace di emozionarmi. Ho sempre l’impressione che accada qualcosa per davvero, che in quella notte rinasce Gesù, un uomo che ha dato la vita per gli altri. Per la felicità degli altri. O meglio, la salvezza.
Mi barcamenerò tra le domande di Leo ancora forse per un paio di anni, poi è probabile che capirà. Sarà tanto dolce e premuroso da non rovinare la magia al suo fratellino, ma quello che spero è che un po’ di questa magia se la porti sempre dietro.
Che tutti abbiamo bisogno di crederci, nella magia del Natale. Soprattutto in un momento come questo, così incerto, terribile, con un virus che non si è ancora stufato di annientarci, anche se noi stiamo affilando le armi e lo so, che alla fine vinceremo noi.
Spero che lo scotto da pagare non sia smettere nei sogni e nelle magie, smettere di progettare e di disegnare il futuro. Lo dobbiamo ai nostri figli, i figli di tutti. Il futuro è nelle loro mani e hanno tutto il diritto di credere che da questo inferno ne usciremo.
Proviamo a crederci almeno stanotte.
Buon Natale a tutti voi.