Da ormai più di un anno pronunciamo questa parola almeno una volta al giorno, tutti. Ne sono sicura. COVID-19 fa parte della nostra vita tanto quanto il dover fare la spesa, andare a prendere i bambini a scuola, lavarsi i denti prima di andare a dormire.
Un terribile compagno di viaggio. O compagna?
Eh già, perché da quando esiste, abbiamo sempre nominato questa patologia in modo improprio, usando erroneamente il maschile.
Lo so che ormai è passato più di un anno e per molti questa discussione non ha senso. Credo invece possa essere necessario non solo sottolineare l’importanza di usare in modo corretto le parole, ma anche capire perché nascono certi usi impropri.
L’errore è così diffuso che anche l‘Accademia della Crusca lo ha dichiarato accettabile (anche se ribadisce che l’uso corretto è il femminile) in nome soprattutto del fatto che la lingua italiana è vivente e mutevole.
E io mi permetto di dissociarmi. Io non rinuncio a usare nel modo corretto i termini scientifici e a declinarli secondo le regole della grammatica italiana. La volgarizzazione della lingua è un processo ineluttabile, va bene. I neologismi ci sono e ci saranno sempre. Gli inglesismi pure, e noi italiani li amiamo particolarmente.
Ma questo è un errore di traduzione, dovuto ad aver confuso il virus con la malattia.
Anche in Spagna e in Francia sono arrivati a conclusioni simili: suggeriscono il femminile anche se si rendono conto che la forma maschile è quella prevalente, e per le stesse ragioni di casa nostra.
Tranquilli, siete ancora in tempo per imparare a declinare bene questa patologia senza dover soccombere al politicamente corretto e all’errore di massa, che in quanto diffuso, viene quindi accettato. Orrore.
Allora: COVID-19 è un acronimo inglese che sta per COronaVIrus Disease 19, vale a dire “patologia da coronavirus (del) 2019”. La pandemia è scoppiata nel 2020, ma il virus in realtà era stato identificato a dicembre del 2019.
Secondo questa definizione (visto che disease in italiano si traduce con malattia) quando si parla della patologia, bisognerebbe usare la forma femminile: la COVID-19. Al virus che provoca la malattia, invece, è stato attribuito il nome di SARS-CoV-2.
Il fatto è che fin dal primo comparire della patologia e soprattutto nel linguaggio divulgativo non scientifico della stampa, dei media, ma anche dei testi dei decreti del governo, il nome della malattia e quello del virus sono stati assimilati in modo improprio. Virus e malattia spesso sono chiamati COVID-19, e ad imporsi è stato il genere maschile del termine, che ormai ha preso piede nell’uso in maniera significativa.
La stessa confusione c’è stata con il virus HIV che causa l’AIDS. L’AIDS è la sindrome da immunodeficienza acquisita causata dal virus HIV (il virus dell’immunodeficienza umana). Ma AIDS, nella maggior parte dei casi, si declina al maschile e si usa sia per indicare il patogeno sia per riferirsi alla malattia.
Con il virus Ebola è successo il contrario: la malattia ha preso il nome del virus (Ebola Virus Disease, EVD) e oggi infatti nella comunità scientifica si usa EVD se si vuole parlare di patologia e Ebola se ci si riferisce al virus (che non è un acronimo, ma prende il nome dal fiume Ebola della Repubblica Democratica del Congo, nei cui paraggi si crede sia esploso il primo focolaio di questa infezione). La Crusca qui fa notare quanto sia importante in realtà non usare lo stesso nome per indicare virus e malattia perché può generare confusione.
Sorte simile per il virus Zika che ha finito per indicare anche l’infezione, il cui nome corretto è infezione umana da virus Zika (Zikv).
Tornando a COVID-19, l’uso indistinto per indicare virus e malattia è probabilmente dovuto al fatto che il nome del virus è decisamente ostico (SARS-CoV-2).
Come ci ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, esistono diversi processi per la denominazione di virus e malattie.
I virus sono denominati in base alla loro struttura genetica per facilitare lo sviluppo di test diagnostici, vaccini e medicinali. I virus sono nominati dall’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) che offre a chiunque (con solide evidenze) di fare proposte per nuove tassonomie.
Le malattie sono denominate per consentire e facilitare la discussione sulla prevenzione, la diffusione, la trasmissibilità, la gravità e il trattamento. La preparazione e la risposta alle malattie umane compete all’OMS, che provvede anche a nominarle secondo la classificazione internazionale delle malattie (ICD).
L’11 febbraio 2020 l’ICTV ha deciso di nominare il nuovo virus SARS-CoV-2, (coronavirus 2 della sindrome respiratoria acuta grave). Questo nome è stato scelto perché il virus è geneticamente correlato al coronavirus responsabile dell’epidemia di SARS del 2003. Sebbene correlati, i due virus sono diversi.
L’OMS ha annunciato “COVID-19” come nome di questa nuova malattia l’11 febbraio 2020, seguendo le linee guida precedentemente sviluppate con l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).
Come vedete il nome della malattia è molto più semplice di quello del virus. Si potrebbe comunque dire “il virus della COVID-19” o “il virus di COVID-19”, come la stessa OMS ha fatto e sarebbero entrambi corretti.
Ma nel tempo il nome della malattia ha prevalso ed è usato per indicare indistintamente virus e malattia, ma declinato al maschile! Mentre con Ebola e Zika a prevalere è stato il nome del virus (e quindi la declinazione al maschile ha senso) qui ha prevalso il nome della malattia per identificare anche il virus, ma usando il maschile. Un bel po’ di confusione!
Ma ognuno è libero di scriverlo con il o la, ce lo ha detto anche la Crusca.
Chi scrive è convinta, invece, che occorra declinare i nomi nel modo giusto, indipendentemente da errori di massa che sono giustificati solo perché di massa e non perché, improvvisamente, sia diventato corretto usare la nuova declinazione al maschile.
La declinazione corretta di COVID-19 è il femminile e io continuerò a usarlo in questo modo. Pazienza se scatenerà resistenze, ilarità, occhi al cielo e alzate di spalle. Saranno le reazioni di chi non mastica la scienza e la medicina e non dà peso a queste differenze.
Un’ultima raccomandazione su come si scrivono:
COVID-19
SARS-CoV-2
lo so che è più facile scrivere solo Covid, è meno faticoso. E’ un errore che ho commesso anche io. Ma è un insulto alla scienza e alla buona informazione.
E sono convinta che la buona comunicazione abbia il potere di cambiare il mondo. Una parola alla volta.