Preprint, una “fonte” giornalistica a cui occorre prestare molta attenzione

Secondo uno studio che sarà pubblicato a breve…secondo una ricerca svolta dall’Università degli Studi di… e in via di pubblicazione…Quante volte abbiamo letto articoli iniziare con questo attacco per spiegare i nuovi risultati di ricerche scientifiche? In questi mesi non si legge altro.

“Secondo uno studio” è diventato l’attacco giornalistico del 2020.

Ma se ha senso (con le dovute precauzioni e attenzioni) raccontare i risultati di studi pubblicati su riviste scientifiche, ha meno senso pubblicare qualsiasi documento scientifico che non sia stato sottoposto a peer review, quella sacrosanta revisione fra pari che, in ambito accademico permette, attraverso attente analisi di metodo e di merito, di pubblicare uno studio sulle riviste scientifiche più prestigiose.

I manoscritti non ancora pubblicati su riviste di settore si chiamano preprint, e hanno una tradizione scientifica tutta particolare, fondata sulla condivisione dei risultati di uno studio tra ricercatori, prima della sottomissione del documento a una rivista: una sorta di richiesta di opinioni, di volontà di tastare il terreno e prendere le misure prima del grande passo, vale a dire la richiesta di revisione ufficiale per essere pubblicati su una rivista prestigiosa.

In questi mesi in cui un coronavirus sconosciuto ha cambiato la storia dell’umanità e in cui la comunità scientifica sta lavorando probabilmente come mai prima d’ora, sono apparsi studi e pubblicazioni scientifiche praticamente ogni giorno. Pubblicati o in versione preprint, senza che il pubblico avesse ben chiara la differenza, perché la differenza molte volte non era spiegata. E il pubblico, avido di notizie, non aspetta altro che leggere nuovi dati, analisi, nuovi scenari che spieghino in via definitiva contro cosa stiamo lottando.

Noi giornalisti abbiamo un compito supremo e indispensabile: saper selezionare le fonti per comunicare le informazioni essenziali ai cittadini

Allo stesso tempo, dobbiamo essere in grado di arginare quella “infodemia” di cui ha parlato l‘Organizzazione Mondiale della Sanità fin dal principio di questa pandemia, ma che sta ancora dilagando e gli argini non sembrano sufficientemente forti.

Come si possono quindi costruire argini forti? Selezionando le fonti e le notizie da pubblicare, perché tutto può essere interessante, è vero, ma in un momento in cui l’utente medio riceve più informazioni di quelle che riesce a processare, come in questo periodo, è meglio selezionare le notizie che siano davvero utili e che possono portare un valore aggiunto a quanto si sa fino a questo momento.

Il successo dei preprint

Fino a circa 10-15 anni fa, le università e gli enti di ricerca sottoscrivevano abbonamenti cartacei per le riviste scientifiche, successivamente sostituiti da pacchetti online only. Il concetto di preprint, ovvero di manoscritto non sottoposto a revisione e condiviso a titolo gratuito su un archivio online, risale al 1991 con l’introduzione del repository di manoscritti per la fisica arXiv. Il preprint si riferiva quindi a un documento che non era stato ancora sottoposto a peer review e non era stato quindi pubblicato su riviste scientifiche cartacee.  I manoscritti erano appunto condivisi con la comunità scientifica prima della stampa che – con qualche rara eccezione – oramai non avviene più. All’epoca questo tipo di servizio era confinato a comunità scientifiche di nicchia, con una diffusione dell’informazione molto limitata.

Molto spesso, questi studi sono pubblicati su siti dedicati in cui altri ricercatori possono lasciare commenti in una sorta di revisione tra pari della comunità. Le due principali piattaforme di preprint ad oggi sono MedRxiv, lanciato nel 2019 e BioRxiv lanciato nel 2013. Esistono anche archivi simili per altre aree disciplinari (ad esempio ChemRxiv, Psyarxiv, etc.)

Se i preprint non sono nuovi per la comunità scientifica, la loro popolarità è cresciuta ultimamente tra i giornalisti soprattutto in questa pandemia di COVID-19. Ma prima di pubblicarne il contenuto occorre prestare attenzione a diversi aspetti, prima fra tutti l’impatto che certi studi possono avere sull’opinione pubblica.

preprint infatti nascono con l’intento di rendere visibili i lavori scientifici alla comunità scientifica, per avere feedback, commenti e anche critiche costruttive da altri scienziati e addetti ai lavori: questo è un lavoro prezioso tramite il quale l’autore o gli autori dello studio posso valutare la portata della loro ricerca, fare eventuali modifiche prima di sottoporla a peer review o, addirittura, in alcuni casi, decidere di non sottoporre il manoscritto a revisione scientifica. È una sorta di potente anticamera alla pubblicazione definitiva basata su un confronto tra scienziati. È nata per questo scopo e va intesa per questo scopo.

Se il documento è un preprint, questa informazione deve essere riportata bene in evidenza nella parte superiore del documento, accanto al titolo e agli autori. Come in questo esempio:

Questi documenti sono utili per la ricerca, ma prima di darli in pasto ai lettori che mediamente non conoscono (a meno che lo si spieghi correttamente) la differenza tra un manoscritto e un vero e proprio articolo scientifico, bisogna pensarci bene.

Soprattutto su temi come il COVID-19. Perché di questo virus ad oggi si sa poco, ogni giorno alcune certezze acquisite possono trasformarsi in dubbi e un preprint su questi temi, proprio per l’insicurezza dell’argomento,  potrebbe essere interessante, ma non ottenere mai una pubblicazione, oppure potrebbe essere pubblicato con modifiche, o essere rigettato.

Bisogna saper leggere i dati e saper comprendere i risultati di uno studio di ricerca. Purtroppo, se non si ha un’adeguata preparazione, non è facile individuare difetti metodologici e affermazioni fuorvianti, elementi che potrebbero emergere dopo un’attenta revisione da altri ricercatori, passaggio chiave per poter vedere il lavoro pubblicato. In questo articolo del New York Times si spiega ancora meglio cosa stia accadendo.

Serve davvero pubblicare tutte queste informazioni che gettano solo dubbi, ipotesi e chiaroscuri su un tema, la pandemia, di cui si hanno poche certezze? È utile pubblicare qualsiasi notizia in merito, anche se preliminare, abbozzata, ipotetica e non supportata da forti evidenze scientifiche?



Che tu sia un giornalista, un blogger, un divulgatore scientifico o un semplice appassionato di scienza e medicina che voglia condividere informazioni con il grande pubblico, prima di pubblicare i contenuti di un preprint, prendi in considerazione questi aspetti:

  • Non è stato sottoposto a una revisione approfondita a cura di esperti del settore prima della pubblicazione. Quindi non si sa se le metodologie usate e le analisi statistiche effettuate siano adeguate.
  • Anche nel caso in cui il manoscritto fosse successivamente pubblicato su una rivista scientifica e diventasse un articolo “accademico” a tutti gli effetti, è sempre opportuno effettuare una ricerca bibliografica approfondita, a margine, per verificare l’attendibilità della fonte, il numero di pubblicazioni a cura di quel gruppo di ricercatori sull’argomento affrontato, il numero e la qualità dei riferimenti bibliografici presenti sull’argomento in letteratura.
  • Se sei un giornalista o scrittore con una preparazione medica probabilmente sai cosa andare a cercare e sei in grado di capire se i metodi e le analisi effettuate sono forti e consistenti. Se non disponi di queste competenze, lascia stare il preprint o affidati a un esperto. E se ti sei affidato a un esperto, segnalalo nel pezzo: è corretto nei confronti dei lettori, nei confronti di chi ti ha aiutato e dà autorevolezza al tuo lavoro.
  • Anche se hai un background scientifico, potresti non avere le competenze necessarie per la lettura di dati statistici che sono quasi sempre al centro degli assunti pubblicati. Ci sono spesso errori grossolani nell’interpretazione di dati statistici anche elementari. Presta attenzione!
  • Consulta ricercatori del settore della pubblicazione che non sono stati coinvolti nella ricerca: questo vale per qualsiasi studio, ma vale ancora di più per i preprint perché non sono stati revisionati dalla comunità scientifica.
  • Monitora i progressi del preprint, perché potrebbe essere ritirato dagli stessi autori prima di essere sottoposto a revisione. Se questo succede e tu hai parlato del preprint, sarebbe corretto aggiornare il tuo articolo o segnalare comunque che lo studio è stato ritirato.
  • Il preprint, inoltre, non sarà mai cancellato dai repository: resterà sempre online con un DOI, anche nel caso in cui non fosse mai pubblicato su una rivista scientifica (vedi FAQ MedRxiv).
  • La versione finale pubblicata sulla rivista scientifica potrebbe differire anche in maniera sostanziale da quella iniziale. Controlla sempre quale versione stai utilizzando e se ci sono diverse “copie” in circolazione.

Fonti: